Camminare, una pratica per la felicità

Per David Le Breton autore del saggio “La vita a piedi”, illustra come in un mondo ormai dominato dalla velocità il cammino può stimolare il corpo e la nostra intelligenza.
La camminata è una sospensione dai vincoli d’identità e dalle aspettative che li accompagnano: crea un temporaneo distacco dalle responsabilità quotidiane.

Camminare è come allontanarsi dalla propria storia e abbandonarsi alle sollecitazioni della strada. È una sorta di felice scomparsa di sé, un modo per riprendere appunto fiato, per fare una pausa nel corso della propria esistenza. Per divenire uno sconosciuto sulla strada, senz’alcun altro impegno se non quello dell’istante presente.

In genere, il camminatore è disconnesso dal potere del cellulare, aperto all’ambiente, agli incontri, al trascorrere del tempo. Per la prima volta dispone di sé in piena sovranità. Congedandosi da se stesso, per un tempo più o meno lungo, cambia la propria esistenza e il suo rapporto con gli altri e con il mondo, non è più infagottato nel proprio stato civile, nella propria condizione sociale, nelle sue responsabilità verso gli altri, nel peso della propria storia ed è disponibile alle scoperte nel corso del cammino.

Il camminatore non si sposta da un luogo all’altro, cammina come gli pare, decide il ritmo del proprio cammino: nulla gli impedisce di fermarsi un attimo per ammirare il paesaggio, immergersi nell’acqua fresca di un fiume o di un lago o fare la siesta in mezzo a un campo.

Uomini e donne s’incrociano e immediatamente si riconoscono, si salutano, scambiano un sorriso, un’osservazione, informazioni sul sentiero o sulla loro destinazione, rispondono alla richiesta di indicazioni di coloro che si sono persi.   A volte la sera si ritrovano nei rifugi o negli alberghi o, per i pasti, negli agriturismi.

Rispetto alla vita quotidiana con le sue innumerevoli esigenze, il camminatore si trova a vivere un tempo di festa, propizio, segnato da una sacra intimità. Lascia dietro di sé la competizione, il disimpegno, la velocità, la tirannia della comunicazione a beneficio di un mondo dell’amicizia, della parola, della solidarietà.

Un ritorno alle origini di una comune umanità in cui l’altro non è più un avversario o uno sconosciuto, ma un uomo o una donna a cui ci si sente vicini. La camminata è il luogo di un’etica elementare a misura d’uomo, di una reciprocità che tende a scomparire dalla vita comune.

Camminare significa riprendersi il corpo e avere i piedi sulla terra nel senso fisico e morale del termine, vale a dire ritrovarsi a pieno titolo nella propria esistenza.

La strada percorsa ristabilisce un centro di gravità che mancava e che determinava la sensazione di non essere in equilibrio con la propria storia, oppure lo rafforza procurando momenti di pienezza.

La mente divaga in tutta libertà, la camminata è anche un percorso all’interno del pensiero e della memoria: senza fretta, senza temere di essere interrotti da un’agenda d’impegni esigente o da uno squillo inopportuno. Instaura una distanza propizia con il mondo, una trasparenza immediata, immerge in una forma attiva di meditazione, di contemplazione. Dà insomma piena misura all’interiorità.

Digressione propizia a mettere insieme i frammenti sparsi di se stessi, la camminata sfronda i pensieri troppo pesanti che impediscono di vivere con la loro dose d’inquietudine. Rimette in ordine il caos interiore, non elimina l’origine della tensione, ma cambia il nostro modo di considerarla.

Il bosco, la montagna, i sentieri sono un rifugio per riprendere fiato, rinnovare la propria curiosità, scomparire un attimo per ritrovare l’uso di se stessi e conoscere occasionalmente momenti unici ben lontani dalle prevedibilità del quotidiano. La strada è il luogo dove sbarazzarsi degli schemi tradizionali di appropriazione del mondo per disporsi alla ricerca dell’inatteso e smantellare le proprie certezze invece che ancorarsi ad esse.

La camminata è uno stato di allerta permanente per i sensi e l’intelligenza, l’apertura a una moltitudine di sensazioni e di incontri, una fonte di rinnovamento. La vista per il camminatore non è mai il senso filosofico della distanza, bensì quello dell’abbraccio, della profusione. Tutti i sensi sono in festa, nelle loro diverse declinazioni a seconda delle stagioni o dell’ora del giorno. Anche il gusto non resta in disparte, soprattutto quando l’estate fornisce abbondanza di mirtilli, lamponi, susine e l’autunno offre funghi, castagne…

Camminare ha il potere di chiudere una storia personale dolorosa o una situazione di instabilità. Le esperienze a tal proposito sono innumerevoli.

Non si esce da casa propria, si esce soprattutto da se stessi. Qualsiasi siano la propria storia e l’età, il camminatore abbandona la routine. Scopre che la vita è dinanzi a sé, mai dietro.

Volantino corso nordic walking giugno 2022

Capire come camminiamo ci permette di migliorare i nostri passi e grazie all’ausilio dei bastoncini da nordic walking, il nostro cammino si trasforma in 4 appoggi funzionali permettendo al nostro corpo di
ricevere molti benefici.
A settembre riprendono le attività dell’associazione Ampliamente asd informati per partecipare al prossimo corso di avvicinamento alla tecnica del nordic walking: info@apassonordico.it
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